Giulia Schiff, l’italiana sul fronte ucraino: «Ho rischiato di morire per la libertà. Qui ho trovato l’amore»
https://www.corriere.it/esteri/22_agosto_31/giulia-schiff-ucraina-intervista-2c800792-28b6-11ed-9e87-0dc36927f0ff_amp.html«Non c’è altro posto dove vorrei stare. Per ora è così poi si vedrà». Giulia Schiff ha 23 anni, originaria di Mira, in provincia di Venezia, arriva direttamente dal fronte di Mykolaiv. Dopo essere passata dalla legione Internazionale di Kiev, unica italiana tra i volontari stranieri in Ucraina, si è arruolata con un team per operazioni speciali: Masada. «Negli ultimi venti giorni ho rischiato di essere uccisa due volte». Ex allieva dell’Accademia di Pozzuoli, è diventata celebre quando è stata espulsa dall’Aeronautica per avere denunciato episodi di nonnismo. Capelli biondi, occhi azzurri, si presenta all’appuntamento a Kiev in mimetica, con un coltello appeso allo zaino che tiene in bella vista.
Quando ha rischiato di morire?
«Una volta eravamo in missione in direzione Kherson, il nostro veicolo blindato è finito sotto attacco ed è finito in un canale. Il casco si è strappato e ho battuto la testa. Senti? Ho ancora il bozzo».
E l’altra volta?
«Era notte, stavamo tentando di infiltrarci in un villaggio occupato, i russi ci hanno individuato e hanno iniziato a bombardare. Io ero calma e ho aiutato i colleghi in difficoltà. Buttandomi a terra, ho sbattuto i denti sul mio fucile. La bomba di artiglieria più vicina mi è caduta a due o tre metri. In questa operazione sono morti 4 dei miei colleghi, uno era un caro amico e ho dovuto dire alla sua fidanzata che non c’è più. Vorrei poter tornare indietro a recuperare il suo corpo».
Ha paura? Cosa le dicono i suoi genitori a casa?
«Se non avessi paura sarei psicopatica. Ma l’addestramento mi ha insegnato a gestirla. Mio padre (ex aeronautica, ndr) comprende perché sono qui ed è orgoglioso. Invece mia mamma, pacifista, mi dice di tornare a casa. Mi manca molto la mia famiglia, il mio cane, il cibo italiano. Ma per ora resto. Anche perché mi sono innamorata».
E di chi?
«È un ragazzo metà ucraino e metà israeliano. Combattiamo nella stessa brigata. Ha 29 anni, è il miglior soldato che abbia incontrato e anche il miglior uomo. Siamo compagni anche sul campo e ci guardiamo le spalle l’un l’altro. Il suo nome di battaglia è Wolf e allora scherzando a volte ci chiamano Mrs e Mr Wolf, anche se in realtà il mio soprannome è Kida».
Ci sono altre donne nella sua divisione?
«Sì, un’ucraina e una georgiana. La cultura ucraina è protettiva nei confronti delle donne, ma per me non esiste che io non possa fare qualcosa che un uomo può fare. Detto questo, qui ho trovato davvero un mix incredibile. Ho combattuto persino con ceceni, musulmani, bielorussi».
Ci sono altre italiane a combattere in Ucraina?
«No, sono l’unica».
Che tipo di addestramento ha ricevuto?
«All’inizio mi sono appoggiata a una famiglia di attivisti a Zytomyr. Lì ho parlato con il sindaco e poi con l’ex ministro della Difesa. Mi hanno portata al quartier generale dell’intelligence a Kiev dove mi hanno sottoposta alla macchina della verità. Ero incaricata anche delle pubbliche relazioni. Mi sono addestrata con membri delle forze speciali di tutto il mondo, al poligono e sul campo. Sono stata a Irpin e Bucha. Dopo poco mi sono unita a Masada e sono stata a Kharkiv, poi con base a Dnipro nel Donbass: Bakhmut e Kramatorsk. Ora la nostra area è Mykolaiv».
Viene pagata?
«Sì, mille euro al mese è lo stipendio base, come in Italia. Poi ci sono gli extra per le missioni. Sono sempre sul campo».
Lei è stata espulsa dall’aviazione dopo che ha denunciato episodi di nonnismo…
«Sì. Ma questo capitolo della mia vita non mi rappresenta e sono stanca di parlarne. Preferisco lasciarmi alle spalle le Forze Armate italiane che mi hanno molto deluso. Mi hanno anche chiesto di candidarmi alle elezioni. Ma non fa per me. Io qui so cosa devo fare, ho trovato la mia dimensione e i miei colleghi hanno bisogno di me. Questo non vuole dire che resterò qui per sempre».
Come andrà a finire questa guerra?
«Difficile dire, potrebbe durare mesi o anni. Ora il fronte è piuttosto statico. Pare che i russi abbiano riserve infinite di bombe e artiglieria. Si sono rintanati nei villaggi. Ma sono meno convinti di noi».
Cosa pensa del nemico che affronta sul campo di battaglia?
«Vivono nella menzogna. Durante l’ultima missione abbiamo catturato due soldati russi, ci hanno ringraziato per come li trattavamo, perché davamo loro da mangiare. L’altro giorno il mio comandante mi ha fatto vedere un video girato in Italia in cui si vede una manifestazione contro la guerra attaccata da filo russi. Mi sono vergognata. Accusano gli ucraini di essere nazisti, ma i nazisti sono loro. Hanno commesso migliaia di crimini di guerra e sterminano e deportano i civili. Nessuno lo dice che anche il battaglione d’Azov contava numerosi ebrei tra i difensori di Mariupol all’Azovstal. Per me non ci sono giustificazioni: bisogna reagire di fronte a questa aggressione. La considero un’aggressione contro l’intero mondo, contro la libertà e la democrazia, i miei valori».